giovedì 21 gennaio 2010


Craxi: grande statista o furbesco e mediocre uomo di partito?

A dieci anni dalla scomparsa, un' analisi politica del personaggio che dominò la scena dell'Italia degli anni Ottanta.

di Maurizio Vicoli

Il 19 gennaio del 2000 veniva a mancare ad Hammamet Bettino Craxi (1934-2000) il primo Presidente del Consiglio socialista della Storia d’Italia. Fu anche il primo a stabilire il record di durata di un governo nazionale (1058 giorni, dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987) prima di essere surclassato dall’amico e compare Silvio Berlusconi (legislatura piena, 1409 giorni). In questo articolo, però, non vogliamo parlare di Bettino in termini moralistici, né giudiziari ma semplicemente in termini politici per evitare di cadere nella trappola, tutta italiana, del “morto il re, viva il re!” né in quella di un giustizialismo radicale all’IdV. Dunque vorremmo stilare un bilancio della sua attività di governo rinunciando però, sin da adesso, all’appellativo di statista termine col quale si indica un capo di governo capace di gettare solide basi per lo sviluppo ed il progresso futuro di uno Stato. In quest’ottica possono essere definiti statisti Cavour, F.D. Roosvelt, Adenauer, H. Kohl ma, a nostro parere, non Craxi. Certamente egli diede stabilità ad un quadro politico in cui i governi duravano mediamente nove mesi; così come riuscì a sconfiggere l’inflazione che, sotto il suo governo, tornò ad essere ad una cifra (si passò dal 16,20% del 1982 al 5.20% del 1987). Egli, inoltre, fu il primo e, ahinoi unico, Presidente del Consiglio ad aver rivendicato con i fatti la sovranità dell’Italia sul proprio suolo quando alla base Nato di Sigonella, il 10 ottobre 1985, inviò i carabinieri per circondare dei marines americani che, armati, pretendevano la consegna di quattro palestinesi accusati dell’omicidio di un americano avvenuto sulla nave Achille Lauro e quindi in territorio italiano. Fu anche il primo, nell’aprile 1986, a negare lo spazio aereo italiano ai caccia americani che, decollati dalla base portoghese, si dirigevano verso la Libia per bombardare Tripoli; con la stessa fermezza minacciò, pochi giorni più tardi, ritorsioni militari proprio verso i libici quando missili SCUD piombarono a largo di Lampedusa, in acque italiane.
Al di là di questi meriti, perlopiù di natura contingente, egli ebbe notevoli demeriti che ancora oggi pesano sulla politica e sull’economia italiana. Craxi, ad esempio, fu il primo a parlare di una riforma costituzionale in senso presidenzialista; fu il primo a battersi per un esecutivo forte guidato da un leader riconosciuto tale dal popolo, un leader capace di traghettare, o meglio di guidare (da qui il termine da lui coniato di “Democrazia guidata”) il popolo italiano verso una nuova rinascita. Per questi atteggiamenti e visioni, Forattini amava ritrarre nelle sue vignette Bettino con gli stivali e la camicia neri. Un seme, quello del leaderismo, che meno di dieci anni più tardi avrebbe messo radici e dato vita alla pianta del Berlusconismo (si rifletta sul fatto che Berlusconi fu il primo ad inserire nel simbolo del partito il proprio nome, cosa per fortuna ancora sconosciuta alla Sinistra). Craxi fu anche l’uomo delle vittorie di Pirro, specie riguardo al destino del Partito Socialista Italiano (PSI) di cui divenne il segretario nazionale nel 1976 quando il partito uscì “sconfitto” dalle urne con il 9.65% dei consensi. Sotto la sua segreteria il partito si spogliò del marxismo e della lotta di classe tanto da cambiare il proprio simbolo passando dal libro con falce e martello al garofano rosso. Questa, però, fu un’azione infelice perché se quella che lui chiamava “onda lunga” portò alle elezioni politiche del 1992 il PSI a sfiorare il sorpasso con il PCI-PDS (una forbice di “appena” 2,5% di voti), dopo appena due anni (elezioni politiche del 1994) il PSI passò dal 13.62% al 2.19% perdendo oltre quattro milioni di voti e consegnando un Partito centenario all’oblìo politico. Non solo. La crescita economica dell’Italia degli anni Ottanta fu solo apparente, perché fu costruita su un enorme debito pubblico (nel giro di dieci anni, dal 1980 al 1990, il debito finì per raddoppiare passando dal 58,1% al 104.5% del PIL; in sostanza l’Italia si trovò ad avere più debiti che ricchezza!) alimentato da assunzioni clientelari, finanziamenti leciti e illeciti ai partiti ed opere pubbliche che vedevano quintuplicare il costo di aggiudicazione. Durante il craxismo, il PSI vide anche cambiare fortemente il proprio corpo elettorale. Nei congressi, allestiti con scenografie faraoniche, lussuosissime e costosissime, si vedevano sempre meno operai, artigiani e piccoli commercianti e sempre più personaggi ambigui appartenenti al mondo della finanza, dell’industria, dell’edilizia “piratesca” e del mondo dello spettacolo (chi non ricorda che in quegli anni Ottanta entrarono nel Parlamento italiano deputati come Gerry Scotti) che nulla avevano a che vedere con il glorioso socialismo di Filippo Turati. Craxi, in sostanza, trasformò il PSI in un partito radical-chic, di matrice borghese a struttura “leaderistica” e a vocazione “autoritaria”. Gli anni Ottanta, che videro in Bettino il protagonista assoluto della scena politica, furono anche quelli dell’edonismo reaganiano in America e dell’edonismo craxiano in Italia che, da noi, si tinse di ottimismo (altra qualità trasmessa al suo compare Berlusconi); l’ottimismo della ragione, come amava definirlo Bettino, tanto che il cantautore Antonello Venditti ne fece un ritratto nella canzone dal significativo titolo “L’ottimista” (di cui si riporta il testo in calce al seguente articolo).
Passata l’ubriacatura edonistica ed ottimistica di quello che possiamo definire il decennio craxiano (1981-1991), l’Italia si risvegliò con una gravissima situazione economico-finanziaria. Siamo nel 1992 ed il nostro Paese fu costretto ad uscire dal Serpentone monetario europeo e a lasciare fluttuare liberamente la lira per evitare il collasso finanziario e valutario. Da quel momento per l’Italia si aprì una fase di profonda crisi economica e finanziaria dalla quale non è mai uscita. In altre parole la voragine del debito pubblico, lasciato in modo particolare dai due governi Craxi, hanno finora impedito di liberare risorse finanziarie per lo sviluppo, la ricerca scientifica, la scuola e l’occupazione, specie nella pubblica amministrazione. Così se oggi l’Italia è un Paese in grave difficoltà (nel 2009 il rapporto debito pubblico/Pil è ancora ai livelli di venti anni fa, più precisamente al 103,5%) lo si deve anche e soprattutto al craxo-trasformismo che, appunto, trasformò un partito della Sinistra in un partito centrista, populista e con sfumature destrorse secondo un percorso già compiuto da un altro illustre ex socialista, Benito Mussolini (forse anche per lui si può usare l’appellativo di statista?). Strada che oggi viene nuovamente percorsa, accompagnato dai vari craxo-socialisti alla Brunetta, dall’attuale Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, amico-compare di Craxi.


L’Ottimista di Antonello Venditti.
L'ottimista nasce in piedi di sette mesi o poco prima
ha la camicia pronta già stirata e la mascella volitiva
è un ottimista dall'aria vagamente socialista
e poi e poi non sbaglia mai, non sbaglia mai
lui frequenta gli ambienti più strani basta solo che siano mondani
ha per tutti un solo ed unico discorso
viva l'Italia dal garofano rosso
è un ottimista dall'aria vagamente socialista
e poi non sbaglia proprio mai, non sbaglia mai, non sbaglia mai
ha uno sguardo serio e corrucciato quando parla a lungo dello stato
ma poi si illumina d'immenso quando viene l'ora di pranzo
è un ottimista dall'aria vagamente socialista
e poi non sbaglia mai, non sbaglia mai
e Gesù lo vide camminare sulle onde azzurre del suo mare
gli disse "Amico non so chi tu sia ma giù le zampe almeno quest'acqua è mia"
ma è un ottimista dall'aria vagamente socialista
e poi e poi non sbaglia mai, non sbaglia mai, non sbaglia mai
è un ottimista dall'aria vagamente socialista
e poi e poi lui emerse sulle rive del Tevere
disse forte bello grande mio si potrebbe costruire una metropoli
il cui nome somigliasse un po' più al mio
ma è un ottimista dall'aria vagamente socialista
e poi non sbaglia proprio mai, non sbaglia mai, non sbaglia mai.

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