domenica 23 agosto 2009



XIV edizione Vasto Film Festival: finalmente i presupposti per un evento culturale e non di passerella.

La scelta del Sindaco di "trasferire" l'evento all'Assessorato alla Cultura getta i presupposti per una profonda rivisitazione di un'iniziativa che finora ha divorato milioni di euro ma con scarso ritorno d'immagine e prestigio per la città. Qualche consiglio alla Suriani.

di Maurizio Vicoli

Si è appena conclusa la XIV edizione del Vasto Film Festival ed è già tempo di bilanci. Come consigliere di maggioranza, da sempre critico nei confronti di una manifestazione che in 14 anni ha divorato milioni di euro senza un ritorno né d'immagine e né di incremento delle presenze turistiche per la città, mi permetto di intervenire per guardare al futuro di questa iniziativa, se un futuro deve avere. Certamente questa edizione del Festival presenta delle luci in più rispetto al passato: innanzitutto la scelta operata dal Sindaco di “destinare” il Festival all’Assessorato alla Cultura anziché al Turismo, è di grande importanza perché evidenzia in modo inequivocabile un cambio di rotta e di finalità della manifestazione; così come l’aver dimezzato i costi, rispetto allo scorso anno, è comunque un traguardo importante visto che parte dei soldi risparmiati sono stati destinati al recupero degli edifici scolastici vastesi; allo stesso modo l’Ass. Suriani merita i complimenti visto che ha avuto a disposizione, sì e no, dieci giorni di tempo dal momento del suo insediamento… Nonostante tutto, però, le serate del Festival, ancora una volta, hanno avuto più finalità di intrattenimento familiare che culturale. Infatti le “sale” erano gremite quando le visioni erano gratuite, invece semi-vuote, come ad esempio la “sala” del d’Avalos durante la proiezione di Crossing over, quando erano a pagamento, a dimostrazione che, molto probabilmente, i veri appassionati di cinema a Vasto sono pochi e che non ne sono affatto venuti da fuori. In altre parole la formula inventata da Tagliente e seguita pedissequamente da Del Prete non attrae più perché, come già due anni fa sottolineato dal sottoscritto e dall’allora consigliere comunale Antonio Russi, il Vasto Film Festival non è altro che una delle centinaia di iniziative dello stesso genere che si tengono ogni anno in estate in numerose città da quelle più conosciute, come Roma e Torino, a quelle molto meno conosciute come Agliano e Sessola. All'epoca, dunque, si invitava Del Prete a ripensare, all'impronta dell'originalità, il Festival cinematografico vastese. Le nostre parole sono rimaste inascoltate da un uomo che, tra le sue qualità, certamente non può annoverare l'umiltà e la predisposizione al confronto. Oggi, visto che l'amico Antonio Russi non è più consigliere comunale, da solo mi permetto di dare un consiglio all'amica Anna: ripensare radicalmente il Festival in modo originale e facendo davvero cultura. Un'idea potrebbe essere, a mio modesto parere, quella di fare della rassegna cinematografica vastese una vetrina del Cinema degli anni Sessanta e Settanta, quel cinema cioè che prima contribuì a preparare la rivoluzione culturale e dei costumi, che si ebbe in tutto l'Occidente alla fine degli anni Sessanta, e poi ne incarnò il messaggio più profondo: “Vasto ’60 – ‘70: alla ricerca del cinema perduto”, questa la possibile evoluzione del Film Festival, per dare spazio ai film di François Truffaut a quelli di Stanley Kubrick, Bob Rafelson, Bernardo Bertolucci, Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, ecc.; e, perchè no, dedicare una sezione alla evoluzione della Commedia italiana da Totò e Peppino fino ai "Vietato ai minori di 14 anni", i film ingenuamente e banalmente erotici che oggi non farebbero arrossire più nessuno ma a che, a modo loro, hanno combattuto il perbenismo della provincia e non solo. Ci riferiamo, per questi ultimi, ai lungometraggi con Edvige Fenech, Gloria Guida, Lino Banfi, Enzo Cannavale, Renzo Montagnani, Bombolo, ecc. E poi ancora una sezione da dedicare agli "Spaghetti western" e ai polizieschi (genere quest'ultimo che proprio negli anni Settanta vide fiorire la propria stagione) fino ad arrivare agli intramontabili film di Bud Spencer e Terence Hill. Una rassegna del genere, da quel che mi risulta, non esiste in Italia e potrebbe richiamare molti turisti nel momento in cui gli attori protagonisti dell'epoca venissero invitati a Vasto a raccontare, appunto, quel cinema... perduto. Ecco, Cara Anna, questo mio intervento vuol essere innanzitutto uno sprono a ricercare l'originalità, ad avviare un confronto o, addirittura, un concorso di idee per ripensare in modo originale ed intelligente un'iniziativa che, via via, è andata sempre più banalizzandosi a danno dell'erario pubblico.

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