lunedì 28 dicembre 2009



L'Impero di Cindia e il solstizio d'inverno




Dopo il fallimento della conferenza sul clima di Copenaghen, tocca ai consumatori rendere giustizia dell'impotenza e degli equilibrismi pseudo-diplomatici dei capi di governo occidentali. L'estrema variabilità metereologica registrata in questi giorni altro non è che la conseguenza del surriscaldamento terrestre. Occorre agire e in fretta prima che le circostanze porteranno alla necessaria affermazione di una nuova dittatura, magari di stampo ecologico ma inevitabilmente totalitaria e... globale.

di Roberto Emiliano Piserse


Impero di Cindia. Con questo felice neologismo Federico Rampini nel 2006 dava alle stampe il suo libro dall'eloquente titolo: "L' Impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi e mezzo di persone." L'opinione, in estrema sintesi, è che il XXI sarà il secolo di Cindia come il XX è stato quello degli Stati Uniti, un passaggio di consegne che dovrebbe avvenire da un punto di vista economico, tecnologico e culturale. In questo nostro articolo, invece, Cindia viene preso come il simbolo di una realtà socio-economica dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e dell'uomo sull'ambiente. Se la recente conferenza mondiale sul clima è, di fatto, fallita lo si deve soprattutto a Cindia e agli Stati Uniti, questi ultimi, per motivi di bottega, non hanno potuto spingere più di tanto non solo per il fatto che gli USA sono il maggior paese debitore nei confronti di Cindia ma perchè numerose multinazionali americane (ed europee) hanno trovato in Cindia il proprio Eldorado: qui infatti non esistono tutele per i lavoratori, non è infatti prevista la tredicesima e la quattordicesima mensilità, nè il TFR, nè tantomeno le norme di sicurezza sul lavoro, così antipatiche e dispendiose; di contro a Cindia vi è una pressione (si fa pe dire) fiscale tra le più basse del mondo. Scaricare dunque la colpa di un mancato accordo solo su Cindia è da ipocriti, in realtà sono le stesse lobbies multinazionali occidentali che hanno spinto in tal senso. Ma, a questo punto, il lettore si chiederà il senso del nostro titolo: quale può essere infatti il legame tra Cindia e il solstizio d'inverno? Molto semplice. Quest'anno, nella nostra città, siamo passati dal rigido inverno alla primavera e dalla primavera all'autunno nel giro di quindici giorni. In un solo giorno abbiamo infatti avuto una variazione di temperatura di 12°C e, nel giro di una settimana, si è passati da una temperatura di -2°C a 23°C toccati proprio il giorno di Natale. In altre parole il solstizio d'inverno, che quest'anno cadeva il 21 dicembre, aveva davvero tanto dell'equinozio di primavera che nel giro di qualche giorno si è trasformato in equinozio d'autunno. Ma come mai c'è questa estrema variabilità metereologica e delle temperature? Molto semplice. Ciò che non ci dicono è che l'aumento della temperatura terrestre ha delle ovvie conseguenze sulla variabilità metereologica. L'atmosfera, infatti, è una miscela di gas e, nel suo insieme, segue la legge dei gas tra le quali ve n'è una che, in questo contesto, ci interessa in modo particolare: il legame esistente tra gas e temperatura; ogni gas infatti aumenta la velocità delle proprie particelle in modo proporzionale alla temperatura, vale a dire che man mano che la temperatura aumenta, le molecole di cui è composto il gas aumentano la propria velocità e, espandendosi, aumentano il proprio volume. Rapportato all'atmosfera ciò significa che essa, aumentando la velocità delle proprie particelle, dà luogo ad un più rapido moto dei venti e delle correnti di aria calda e fredda. In altre parole l'effetto serra, riscaldando l'atmosfera, porta ad una maggiore instabilità metereologica e ad una elevata variabilità delle temperature a causa di un'alternanza di correnti calde e fredde molto più ravvicinata nel tempo; ecco dunque qual è l'origine dell'estrema variabilità del tempo negli ultimi anni e, in modo particolare, negli ultimi giorni. Non solo. Questo veloce alternarsi e scontrarsi di correnti di aria calda e fredda finisce per causare trombe d'aria, nubifragi e, peggio, cicloni e tifoni. E sembra che i danni economici (se non vogliamo parlare di vittime umane che, evidentemente, per molti capi di governo sono solo dei dettagli) derivati dalla violenza dell'atmosfera siano irrilevanti, ma non è così e ciò dovrebbe essere ben chiaro ed evidente proprio a Cindia e negli USA le cui coste si affacciano sugli oceani e come tali sono molto più soggette alle tragiche conseguenze di questo scontro di correnti d'aria. Ma che cretino che sono; dimenticavo che ad ogni distruzione segue sempre un'opportunità di ricostruzione e quindi di una ripresa dell'economia: non era forse questo uno degli scopi delle guerre? Distruggere per ricostruire! Ma torniamo a noi. A noi cittadini del mondo, a noi consumatori, a noi che di fatto facciamo "girare l'economia", come recitava uno degli ottimistici spot pubblicitari del secondo governo Berlusconi. E' necessario che noi consumatori ci mobilitiamo e cominciamo a boicottare la logica del profitto indiscriminato delle multinazionali e dell'impero di Cindia boicottandone i prodotti. Ciò significa che dobbiamo evitare di comprare il Made in China e paesi equivalenti (India, Thailandia, Taiwan, ecc.) per dare un forte segnale di deplorazione. Si obietterà che in questa fase storica di grave crisi economica i prodotti cinesi, ad esempio di abbigliamento, hanno aiutato le economie delle famiglie occidentali che con pochi euro hanno potuto acquistare dei beni di prima necessità. Attenzione, però, la realtà, come sempre, è più complessa di quella che sembra. Comprare prodotti importati dall'impero di Cindia dà un sollievo immediato e illusorio. Prendiamo proprio il caso dell'abbigliamento: l'acquisto di prodotti cinesi ha portato l'industria italiana ed europea ad una grave crisi con conseguenti licenziamenti di operai e chiusure di numerose fabbriche. E' evidente che se un datore di lavoro occidentale deve garantire ai suoi operai un dignitoso standard di vita e di condizioni lavorative egli deve sostenere dei costi di gran lunga più elevati rispetto ad un datore di lavoro di Cindia dove, come si diceva, il costo del lavoro è irrisorio proprio grazie al non rispetto della dignità dei lavoratori, molti dei quali sono bambini, e delle norme di tutela ambientale. Acquistare dunque prodotti "cindiani" significa andare contro la dignità dell'uomo, dell'ambiente e contro i lavoratori italiani ed europei. A parte il fatto che il proverbio non sbaglia: Chi risparmia spreca; qual è infatti la durata media di un prodotto cindiano rispetto ad uno occidentale?...



Occorre dunque dare subito un segnale ai cosiddetti Grandi del Pianeta intervenendo subito con una politica dei consumi responsabile ed eticamente accettabile prima che la situazione eco-ambientale precipiti e porti l'intero Pianeta ad una dittatura d'emergenza ambientalista, una necessità così come accadeva nell'antica Roma dove si ricorreva ad una dittatura temporanea di sei o dodici mesi, il tempo necessario a fronteggiare una situazione d'emergenza, per poi ritornare alla normalità repubblicana. C'è però un piccolo particolare: per rimettere a posto l'ambiente non bastano sei o dodici mesi, ci vogliono decenni, così se il senso di responsabilità di ciascuno di noi venisse meno ci potrebbe aspettare una lunga dittatura che, nata per fini ambientalistici, inevitabilmente finirebbe, per sua indole, per espandersi ed occupare tutti gli ambiti della sfera individuale e collettiva andando a costituire un totalitarismo... globale. E chissà che non sia proprio questo lo scopo di questo lassismo e di questo atteggiamento di irresponsabilità ambientale.



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