lunedì 7 dicembre 2009


Ancora emorragie nel PD: si dimette la Sabatini
Il motivo è sempre lo stesso: scarse partecipazione e collegialità nelle decisioni. Ormai il Pd di democratico ha solo l'aggettivo.

di Roberto Emiliano Piserse

Con un comunicato di fuoco, Anna Paola, già delegata nazionale allo scorso congresso, lascia il Pd, partito "che oggi più che mai intende decidere sugli argomenti importanti e selezionare la sua classe dirigente sulla base di criteri e con modalità ufficiali e ufficiose a mio giudizio anacronistiche e infruttuose per il gruppo stesso". Con queste parole la Sabatini bolla una classe dirigente miope e chiusa in se stessa in un'oligarchia che teme "infiltrazioni" di gente libera nel pensiero e nell'animo. Vedremo, nelle prossime settimane, le scelte che farà Maria Paola la quale, comunque, non intende abbandonare (e fa bene) l'impegno civico. Intanto ci chiediamo: alle prossime amministrative correranno solo Forte, Bucciarelli e Giangiacomo? In altre parole, avremo un Pd composto solo di generali? Forse con la sola prosopopea si intende vincere la battaglia contro il centro-destra?
Riportiamo qui di seguito il comunicato della Sabatini.

"All’indomani delle recenti vicende congressuali che mi hanno vista coinvolta in prima persona con un risultato decisamente più che positivo - scrive la Sabatini - lascio il Pd perché ritengo esaurito il progetto politico di Veltroni nel quale avevo creduto nella misura in cui si proponeva come proposta nuova con un’identità moderata e riformista fondata sul coinvolgimento della società civile in una nuova avventura".
"In questi due anni, cercando di mantenere sempre un’identità autonoma e critica pur in un contesto in cui questo è considerato un segno di negatività, mi sono applicata con grande impegno alla realizzazione di questo obiettivo incontrando e accettando ostacoli di ogni tipo".
"L’attività di chi si propone di rappresentare qualcosa per la collettività (o comunque almeno una sua parte) non può risolversi in questo né tantomeno nello sterile discutere della propria organizzazione interna che –fine a se stessa- nulla ha a che vedere con la Politica e quindi con i problemi reali che esigono risposte e che fanno sentire la gente parte attiva di un progetto che riguardi ciascuno e che sappia parlare al cuore. La mia è stata un’esperienza in un partito che oggi più che mai intende decidere sugli argomenti importanti e selezionare la sua classe dirigente sulla base di criteri e con modalità ufficiali e ufficiose a mio giudizio anacronistiche e infruttuose per il gruppo stesso. Un partito che, da ultimo, pur se sollecitato - sostiene la delegata dimissionaria - non ha altresì inteso nemmeno tutelare la correttezza etica dei rapporti interpersonali tra i suoi aderenti.
"Il mio gesto è accompagnato da un profondo dolore per un evidente mio fallimento in un progetto in cui avevo creduto e a cui avevo socializzato con fatica chi avevo vicino; lo stesso dispiacere che però si unisce alla serenità e alla consapevolezza (oltreché alla volontà) di poter lo stesso continuare a costituire un punto di riferimento per chi ha dimostrato di credere in me e, soprattutto, proseguire in un impegno civico".

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