domenica 21 aprile 2013

 

Napolitano o Giorgio I?

La rielezione di Napolitano fa venire meno un altro importante principio costituzionale, da molti sottovalutato. Sempre più di frequente i partiti negano la nostra Costituzione. Così già si parla di una modifica costituzionale in senso presidenziale della nostra Repubblica. Ecco allora che a grandi falcate corriamo verso Weimar.

 
Ancora una volta i partiti, o meglio i componenti di partito, hanno giocato con la Costituzione. La loro incapacità a superare particolarismi e faide interne sempre più di frequente finisce per mettere in discussione i grandi principi costituzionali. Chissà quanti di voi ricorderanno che nel 1985, alla scadenza del mandato, molti proposero la rielezione di Sandro Pertini che, con la sua spontaneità e  capacità di stare vicino ed in mezzo alla gente, aveva svecchiato la figura di un presidente arroccato nel suo Colle d'avorio. Ebbene chi si oppose con ferocia a tale tentativo fu il Partito Liberale il quale, storicamente esperto e sensibile agli aspetti e agli equilibri costituzionali, evidenziò che i Padri Costituenti, sempre attenti ad evitare concentrazioni di potere in una sola persona sia per la durata che per il volume di potere, non avendo esplicitamente parlato della rielezione del Presidente della Repubblica, intesero esplicitamente dire che la carica dura un settennato e basta. Infatti 14 anni di presidenza si addice più a un regno che a una repubblica di tipo parlamentare.
Ecco allora che un altro principio di garanzia costituzionale è venuto meno, un principio importante da molti sottovalutato. Il rischio è che emergenza dopo emergenza, da vent'anni a sta parte, ci avviciniamo sempre più all'epilogo della Repubblica di Weimar, tanto che proprio ieri Ignazio La Russa (e chi se no?) con gioia commentava: "Ora sono maturi i tempi per l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Occorre dunque una riforma costituzionale in senso presidenzialista del nostro sistema politico e ridare poi la parola ai cittadini." Di questo dobbiamo ringraziare anche Grillo che con le sue "Quirinalie" sul web ha fatto passare l'idea che il presidente debba essere scelto, e dunque eletto, dal popolo, ed ha pubblicizzato tale iniziativa come massima espressione di partecipazione e democrazia. Forse non ci si rende conto che un Presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo non avrebbe più il ruolo di guardiano della Costituzione ma quello di un capo di governo, con poteri molto più ampi e concentrati nella mani di una sola persona. Se tale sistema può andar bene in Paesi come gli USA che, in due secoli e mezzo di storia, non hanno mai avuto una sospensione della democrazia dimostrando di essere refrattari ad ogni deriva autoritaria, molto meno va bene per un paese come l'Italia che da sempre ha il vizietto di un Dux che guidi il popolo verso nuove frontiere di benessere e progresso. Così al ventennio fascista è seguito il doppio ventennio di democrazia bloccata o, meglio, di regime democristiano, culminato con la triarchia del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) a cui è succeduto un altro ventennio, quello berlusconiano. Negli ultimi 91 anni , dunque, l'Italia ha avuto  tre regimi, tanto che oggi la nostra nazione compare nella coda di tutte le classifiche mondiali relative alle garanzie democratiche, il più delle volte siamo classificati, ad esempio in materia di libertà d'informazione, dietro paesi che, anche formalmente, democratici non sono. Con questi presupposti, può essere l'Italia pronta per una Repubblica presidenziale?
REP
 

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